Eupallina, una dea per i golfisti in crisi
Esiste una qualche divinità cui fare appello nei momenti difficili che, per la gran parte di noi, non sono poi così rari? L’ispirazione ce la offre, ancora una volta, quel maestro che fu Gianni Brera
A quale santo rivolgersi quando le cose in campo proprio non vanno e non si riscontra la minima corrispondenza fra le intenzioni di tiro e la risultante traiettoria? Esiste una qualche divinità cui fare appello nei momenti difficili che, per la gran parte di noi, non sono poi così rari?
Per fortuna non dimentico di essere, da più di mezzo secolo, giornalista, professione cui devo il pane e fortunatamente anche un po’ di companatico: ché se il golf giocato mi avesse dovuto apparecchiare il desco, sarei finito in fila alle mense della Caritas. E allora, da giornalista di lungo corso, attingo e rubo dal ricco mondo d’immagini linguistiche creato da quel Maestro che fu Gianni Brera, di cui son già debitore per la denominazione stessa di questa più che ventennale rubrica. Perché anche il termine “Carrellanti”, che esiste solo nel lessico di noi golfisti italiani (e attendo speranzoso che l’Accademia della Crusca lo accolga nel dizionario ufficiale, conferendogli quarti di nobiltà), deriva da un’ispirazione del Grande Padano. Brera, che pure era scrittore, definiva se stesso e tutta la categoria dei cronisti, semplicemente “Trascinatori di carrelli”. Carrelli che, nell’èra geologica pre-computer, eran quelli delle Olivetti su cui pestavamo i nostri articoli e servivano per andare a capo, riga dopo riga.
Quando fui preso dall’insana passione che ancor m’attanaglia e mi avventurai in campo, intravvedendo futuri gloriosi mai avveratisi, Brera purtroppo già ci aveva lasciati e i PC avevano mandato in soffitta le macchine per scrivere. Ma impiegai poco a capire che fra il vero golf e quel simulacro di gioco cui riuscivo a dar vita c’era un’incolmabile differenza. Un po’ come nella distinzione breriana fra lo scrittore, che crea le storie, soppesa le parole, rifinisce i periodi, e il cronista che deve buttar giù in pochissimo tempo il suo racconto, trascinando appunto da una riga all’altra il carrello della sua Olivetti. Io feci presto a capire che il nostro principale impegno era trascinarci appresso il carrello di ferramenta assortita che ci ostiniamo a ritenere una sacca da golf vero. Da qui, appunto, ecco i “Carrellanti” (ben diversi dai giocatori veri).
E allora rubo un’altra ispirazione al Maestro: “Eupalla”. Costei, secondo la definizione dello stesso Brera è: “la dea che presiede alle vicende del calcio ma, soprattutto, del bel gioco (dal greco “Eu”, “Bene”); divinità benevola che assiste pazientemente alle goffe scarponerie dei bipedi”. In fondo basta sostituire bipedi con bimani e abbiamo, bella e pronta, la Dea cui appellarci nel momento del bisogno. Magari potremmo invocarla con il diminutivo “Eupallina”, un po’ per ingraziarcela, un po’ per una maggior coerenza con la dimensione della sferula di nostra (in)competenza.
Ma Eupalla o Eupallina che sia, ci venga benignamente in soccorso “in temporibus calamitatis” quando un’invisibile gomma per cancellare sembra aver annullato ogni nozione tecnica dello swing; o un improvviso attacco di “shankalgìa” inclina di 90° qualsiasi colpo scaturito dalla faccia dei ferri; o, ancora, quando il driver, che in campo pratica generava colpi dritti con gradita tendenza al draw, imbocca improvvisamente la via dello slice da ogni tee di partenza. Molti altri possono essere i momenti critici in cui invocare la protezione della capricciosa Dea (vogliamo parlare della Sindrome da tre putt, detta anche “Colleoni disease”?): ma ad elencarli tutti occorrerebbero parecchie pagine e forse non è il caso.
In fondo potremmo accontentarci anche di poco: che gli alberi non insistano a voler sempre andare incontro alle nostre traiettorie; che un qualsiasi specchio d’acqua, per quanto piccolo, non rattrappisca il nostro swing ingoiando la sfera; che le sponde dei bunker restino a rispettosa distanza dal punto in cui è finito il nostro colpo. Non sono richieste esagerate, mi pare.
Ma non facciamoci troppe illusioni. Gli Dei, nella letteratura classica, sono capricciosi per definizione e non è scontato che, a fronte di un’autentica devozione, si ricevano in cambio delle grazie del genere. E poi, si sa, il golf è un gioco misterioso. Non solo o non tanto perché, in fondo, è un gioco di chilometri che si decide puntualmente sui centimetri quando è il momento di imbucare. Ma perché ha in sé il mistero di un rendimento che può variare drasticamente da un momento all’altro, senza il minimo preavviso.
E perciò, in conclusione, scippo ancora qualcosa al Grande Padano, al Gioànbrerafucarlo, come lui stesso amava definirsi. Per lui il Calcio era “mistero senza fine bello”, così diverso dagli sport spiegabili attraverso le statistiche. Anche il Golf, a pensarci bene, è un mistero senza fine. Quanto al bello ne riparliamo.
Illustrazione DI Lorenzo Duina