Le nostre prigioni
Quale Carrellante in servizio permanente effettivo era mai stato fermo per due mesi filati? Tutti assolti, dunque in attesa di tempi e swing migliori
Di Massimo De Luca


Quando venne il giorno che ci riaprirono le gabbie, dopo due mesi di arresti domiciliari, la riconquistata libertà si è tradotta in una somma di sensazioni nuove eppur vecchissime. Maledetti poeti. Non so come facciano ma intuiscono le cose sempre prima e meglio di noi. Qualcuno ha ancora a mente “L’aquilone”, poesia di Giovanni Pascoli che noi giovani del secolo scorso eravamo costretti a mandare a memoria? “C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico. Io vivo altrove e sento che sono intorno nate le viole”.
Era il suo modo per raccontare l’improvviso sbocciar della primavera. Risalito in macchina dopo due mesi e diretto (ça va sans dire) al mio Circolo, mi sono sorpreso anch’io a respirare a pieni polmoni un’aria nuova, eppure antichissima. La primavera, in realtà, era esplosa da tempo, un po’ in tutta Italia. Anzi, quella sequenza ininterrotta di giornate luminose e già calde, aveva reso ancor più frustrante la lunga clausura. Decine di mattinate perfette per giocare a golf erano scivolate via così, inutili se non dannose. Perché svegliarsi e ritrovarsi puntualmente sotto un cielo sempre più blu acuiva il rimpianto di doversene stare lì, segregati, cercando rifugio quasi solo nei libri; dedicandosi (nel mio caso) a inusitati lavori di giardinaggio in terrazzo per ingannar l’attesa fra la colazione, il pranzo e la cena; aspettando come un oracolo (inizialmente funesto) il bollettino delle 18 sull’evolvere della pandemia; disputandosi con la moglie (disperata per l’avermi sempre fra i piedi) l’unico ambìto passatempo: la spesa al supermercato, quasi un parco giochi in tempi di reclusione.
Alla guida con destinazione-Circolo, sono tornato ad apprezzare il piacere di guidare. Fino a febbraio non ne potevamo più di stare al volante, di imbottigliarci nel traffico. Ma adesso, liberati dalle catene, anche guidare tornava ad avere il suo fascino. Tutto nuovo, ma naturalmente tutto vecchio. Era cambiata solo la percezione. Chi si ricorda la bellezza di un respiro finché qualcuno non ti toglie l’aria o finché non riemergi da una lunga immersione in apnea e sei al limite della capacità polmonare? E se guidare è stato a lungo vietato, anche tornare a percorrere l’itinerario mille volte battuto col pilota automatico, ridiventa piacevole.
L’approdo al Circolo ha avuto poi il sapore della riconquista di un paradiso perduto. Autocertificati, termocontrollati, sanificati, mascherinati ma, vivaddio, finalmente liberi di muovere quelle gambe intorpidite, impegnate, per sessanta giorni, a portarci al massimo dalla camera al salotto, dal salotto al bagno, dal bagno allo studio, dallo studio di nuovo alla camera per un sonno spesso tormentato.
Riconquistato il Circolo, ecco una serie di incontri non ravvicinati (distanza, distanza!) ma sorprendenti. Dietro le museruole d’ordinanza, visi tondeggianti irriconoscibili; sotto le magliette, la spinta di pancette gonfiate dall’inattività. Ho ricambiato per educazione il saluto di personaggi non più identificabili: due mesi e parecchi chili prima, li avrei individuati agevolmente anche sotto la mascherina. Adesso è dura.
E poi, finalmente, il campo. Era scontato ritrovarcisi, quasi una routine un po’ stanca. Oggi è inebriante e restituisce il piacere originale di questo sport che concede il privilegio di aggirarsi in luoghi di rara bellezza. In campo, per non dire in campo pratica, va come va. Lo swing è un ricordo impallidito. Le buche sembrano inarrivabili: non sarà che ce l’hanno allungate durante il lockdown? Però adesso tutti, indistintamente, abbiamo un alibi d’acciaio temperato. Quale Carrellante in servizio permanente effettivo era mai stato fermo per due mesi filati? Tutti assolti, dunque in attesa di tempi e swing migliori. E diciamo la verità: a un Carrellante cosa si può regalare di più prezioso di un alibi?
Sì, c’è proprio qualcosa di nuovo nel sole: il ritrovato sapore di una libertà sia pure ancor condizionata. Ma anche d’antico: flappe, rattoni, varie ed eventuali. Ma del resto, sarà mica colpa nostra? Si deve puttare con l’asta dentro anche da un metro, i bunker non sono rastrellabili, il fisico è rimasto lì, sul divano davanti all’ennesima serie tv divorata per viaggiare al termine della notte. E poi, vogliamo mettere? Son due mesi che non si prende una virgola. E quando mai era successo?
Illustrazione di Lorenzo Duina