Quell’invisibile regalo del computer
Durante l’interminabile periodo di arresti domiciliari imposto dalla pandemia, molti di voi lettori, forzatamente spiaggiati sul divano, avranno notato che alcune trasmissioni televisive non in diretta recavano una scritta in sovrimpressione: “Questa trasmissione è stata registrata prima dell’entrata in vigore del DPCM eccetera eccetera” Allo stesso modo facciamo precedere questa puntata de “La Confraternita dei Carrellanti” da un’avvertenza: è stata scritta in apertura di stagione, prima che il virus cambiasse le nostre vite e le nostre aspettative anche in tema di gioco, handicap e partecipazione alle gare.
Di Massimo De Luca


Natale è passato da un pezzo ma i suoi effetti si fanno ancora sentire. Molti Carrellanti, alla ripresa della spesso forsennata attività agonistica (…chiamiamola così), hanno trovato un inatteso pacchettino che le operose e virtuali manine del computer centrale della FIG avevano confezionato per loro mentre erano intenti a scartare altri doni, a consumare altri riti nell’apparente letizia delle festività di fine d’anno. il regalino invisibile che, per molti, si è appalesato alla prima uscita ufficiale in campo, per la gara inaugurale della stagione 2020. La scena, da copione, è stata la seguente: ritiro dello score, sguardo distratto al medesimo e, attenzione!, rilevazione di presunto errore nell’attribuzione dell’handicap di gioco, che risulta sensibilmente più alto di almeno 1 colpo. Ritorno sui propri passi, perché noi siamo brava gente e non vogliamo trarre vantaggio da un errore, e segnalazione all’addetto di segreteria. Il quale, ormai sgamato per ripetute esperienze analoghe, accoglie il reprobo con un cortese sorriso di circostanza: «Non c’è alcun errore. Questo è il suo nuovo handicap di gioco segnalatoci dal cervellone». «Ma come è possibile», la replica, «se non faccio gare da novembre e conosco perfettamente il mio handicap?». «Appunto», risponde a sua volta l’addetto, esalando un sospiro «questa è proprio la correzione che il sistema centrale ha apportato al suo handicap sulla base dei risultati dello scorso anno».
Ecco, il pacchetto invisibile è stato finalmente recapitato a domicilio. Mentre eravamo tra una cena e un veglione, qualcuno ha rovistato nel nostro recente passato, traendone le conclusioni. E lo sgradevole sottotesto alle parole dell’addetto è: “Magari se l’anno scorso giocavi un po’ meglio e prendevi meno virgole, il tuo handicap non sarebbe salito”…
Diciamo la verità: non è il modo migliore per inaugurare una stagione, già foriera del suo di sinistri presagi. Scoprire vanificati tutti gli sforzi fatti in stagione per salvare qui e là una stramaledetta virgola non è una bella sensazione. Anzi, trasmette un senso di frustrazione difficile da smaltire. Il Carrellante affranto prende su e porta a casa il pacchettino virtuale graziosamente confezionatogli dalla FIG e rumina il suo sconcerto. In fondo, dovrebbe essere contento e non per paradosso. Quel pacchettino virtuale contiene almeno un colpo da giocarsi al meglio e magari proprio in quella buca dove, ogni volta, al Carrellante vien fatto di pensare: “Ma io su un par 3 così lungo non ho nemmeno il colpo? È assurdo!”. Ecco. Ora, bando all’assurdità: il colpo è magicamente riapparso sullo score. Contento? Macché. Adesso, affrontando quel par 3, non si tratterrà dal sibilare: “E pensare che questa la giocavo senza colpo…”.
Che l’handicap venga vissuto da noi come uno status symbol è noto da tempo. Se non è adeguato alle ambizioni di gioco, diventa un argomento sensibile sul quale può essere invocato il diritto alla privacy. Ci sono golfisti (persino belle signore) che declinano più volentieri le loro generalità, compresa la data di nascita, piuttosto che svelare quel numerino che identifica inequivocabilmente, a volte marchiandolo, il loro livello di gioco.
C’era grande attesa per l’entrata in vigore del nuovo sistema di attribuzione, che però è slittato di un anno. Non che le cose dovessero per forza cambiare in maniera radicale, ma il sapere di poter concentrare gli sforzi in otto gare su venti scartando dodici giornate di sciaguratezze, era una prospettiva almeno in parte rassicurante. E, oltretutto, affrancava dalla tensione, da quella fobìa della virgola legata alla singola gara che, per quanto fallimentare, poteva anche essere archiviata senza conseguenze se compensata da qualche precedente o successiva esibizione decorosa.
Se ne riparlerà nel 2021. Ma se vorrete evitare un’altra sorpresa di Natale, cominciate a pensarci fin dai giorni di Pasqua, che sono alle viste. Magari con qualche lezione e un po’ di sistematicità nella pratica, il prossimo pacchettino virtuale resterà vuoto. Anzi non salterà fuori dai microchip del cervellone federale. Sempre che funzioni ancora dopo tutti gli accidenti che avrà ricevuto nel frattempo.
Illustrazione di Lorenzo Duina